Scoprire Palermo: lo sguardo di Goethe

“L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”

“Non saprei descrivere con parole la luminosità vaporosa che fluttuava intorno alle coste quando arrivammo a Palermo in un pomeriggio stupendo. La purezza dei contorni, la soavità dell’insieme, il degradare dei toni, l’armonia del cielo, del mare, della terra … chi li ha visti una volta non li dimentica per tutta la vita.”

Goethe sbarca a Palermo nell’aprile del 1787 e ne rimane affascinato. Se scegliessimo proprio questo illustre poeta come nostro compagno di viaggio ecco come apparirebbe ai nostri occhi Palermo…

Goethe da esperto viaggiatore, studia bene la città interna che, come scrive:

“ … disorienta lo straniero, che può dirigersi in tale labirinto solo con l’aiuto d’una guida.”
Il centro storico della città, il più grande d’Europa, è però facilmente percorribile a piedi; è pertanto consigliabile scegliere di pernottare in un punto nevralgico e centrale e da lì lasciarsi guidare dalla curiosità in un intrico di vicoli che trasudano vita.

I percorsi scelti dal poeta durante il suo viaggio, non tralasciano le meraviglie di Palermo; da Porta Felice sul mare proseguì lungo l’asse principale della città, Corso Vittorio Emanuele, lungo il quale è piacevole trovare ristoro in Piazza Marina, all’ombra del maestoso ficus del Giardino Garibaldi, dove più di quattrocento anni fa Il Palazzo Steri ospitò il tribunale dell’Inquisizione.

Prosegue poi attraversando il mercato della Vucciria, pregno di odori e sapori siciliani, attraversa i Quattro Canti fino a sostare a Piazza Bologni, oltre la quale è d’obbligo perdersi tra i colori dell’altro mercato storico di Palermo: Ballarò.

Il secondo percorso suggerito dal nostro compagno di viaggio ci permette poi una tappa obbligata, quella alla Cattedrale di Palermo e da lì Piazza della Vittoria e il Palazzo Reale, all’interno del quale si nasconde umilmente un gioiello unico, la Cappella Palatina.

Ma la Palermo vera, la Palermo viva, si assaggia lungo le vie, negli occhi dei pescatori dalla pelle bruciata dal sole, tra le lenzuola che sanno di lavanda stese al sole, nell’inflessione dialettale dei bambini che giocano per strada, e alla fine del viaggio ci si innamora perché

“… Com’essa ci abbia accolti, non ho parole bastanti a dirlo: con fresche verzure di gelsi, oleandri sempre verdi, spalliere di limoni, ecc. In un giardino pubblico c’erano grandi aiuole di ranuncoli e di anemoni. L’aria era mite, tiepida, profumata, il vento molle. Dietro un promontorio si vedeva sorgere la luna che si specchiava nel mare.”

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